Riflessione Giornata per la vita 2015

Solidali per la vita

Anno nuovo, problemi nuovi. La nuova emergenza a cui la società ci chiama a rispondere sembra essere l’omofobia. Infatti, nel mainstream dell’informazione e della cultura dominanti, non c’è articolo, non c’è film, non c’è trasmissione culturale, nei quali non venga riproposto il tema dell’omofobia.

Peccato che i fatti smentiscano categoricamente questa presunta emergenza: reati come pestaggi, discriminazioni ed offese a persone omosessuali hanno un’incidenza estremamente bassa (1 caso all’anno ogni 2 milioni di abitanti). La conferma arriva anche da uno studio pubblicato nel 2013 dal Pew Research Center di Washington, uno dei più autorevoli istituti americani d’indagine demoscopica, secondo cui l’Italia è fra le prime 10 nazioni al mondo più tolleranti verso gli omosessuali.

In realtà un problema nuovo c’è veramente: proprio questa inesistente emergenza omofobia nasconde la volontà di promuovere le istanze della teoria di genere, che mira a scardinare la famiglia naturale formata da un uomo e una donna, cancellando la differenza ontologica tra uomo e donna.

Si dirà: ma cosa centra la teoria di genere con la difesa della vita?

La risposta è abbastanza semplice: la famiglia, oltre a rappresentare il mattoncino basilare della società, costituisce la culla della vita. Minare la famiglia significa porre le premesse per assestare il colpo di grazia alla vita umana.

Se si delineano all’orizzonte nuovi problemi, non significa che quelli vecchi siano superati; semmai sono solo rimasti dimenticati. Chi certamente non li dimentica ed anzi li ripropone alla nostra attenzione è la Conferenza Episcopale Italiana. Nel messaggio per la 37a Giornata nazionale per la vita, i Vescovi annotano che “Quando una famiglia si apre ad accogliere una nuova creatura, in quella casa risplende un bagliore nuovo non solo per la famiglia, ma per l’intera società. Il preoccupante declino demografico che stiamo vivendo è segno che soffriamo l’eclissi di questa luce.”

Il Consiglio Permanente non si ferma a registrare la realtà ma individua lucidamente le cause che l’hanno prodotta: ”Il triste fenomeno dell’aborto è una delle cause di questa situazione, impedendo ogni anno a oltre centomila esseri umani di vedere la luce e di portare un prezioso contributo all’Italia. Non va, inoltre, dimenticato che la stessa prassi della fecondazione artificiale, mentre persegue il diritto del figlio ad ogni costo, comporta nella sua metodica una notevole dispersione di ovuli fecondati, cioè di esseri umani, che non nasceranno mai.”

Se a seguito dei recenti tragici fatti terroristici, ovunque si sono registrate manifestazioni di solidarietà, con lo slogan (per certi versi discutibile) “Je suis Charlie”, quanto più dovremmo dire quotidianamente “Io sono embrione”, “Io sono feto”, “Io sono un bambino non ancora nato”, dal momento che ogni anno il sacrificio di giovanissimi esseri umani raggiunge le proporzioni di un’ecatombe. Forse qualcosa ci autorizza a pensare che i nascituri siano meno esseri umani di quelli già nati? La scienza certamente no! Ed Anche Papa Francesco, nel poco noto discorso tenuto lo scorso 15 novembre, in occasione dell’udienza all’Associazione Medici Cattolici Italiani ha detto che «non esiste una vita umana più sacra di un’altra, come non c’è una vita umana qualitativamente più significativa di un’altra. Il pensiero dominante propone a volte una “falsa compassione”: quella che ritiene un aiuto alla donna favorire l’aborto, un atto di dignità procurare l’eutanasia, una conquista scientifica “produrre” un figlio considerato come un diritto invece di accoglierlo come dono».

In Italia, nel 2013, gli aborti sono stati 102.644, ovvero 1 ogni 5 minuti. A questi innocenti vanno aggiunti altri centomila embrioni morti a causa della fecondazione artificiale extracorporea e tutti quelli distrutti dalla pillola del giorno dopo e dei 5 giorni dopo, impropriamente detta “contraccezione d’emergenza”.

Se da una lato si chiudono entrambi gli occhi sul disastro prodotto dal desiderio di controllo della fertilità ad ogni costo, dall’altro si deve registrare la scarsa sensibilità verso i bambini già nati e in stato di abbandono. Quanti bambini aspettano invano di incontrare l’amore di due genitori, mediante l’adozione e l’affido? Anche verso di essi, i Vescovi italiani ci esortano “ad aprire il cuore, affinché il desiderio di avere un figlio non si trasformi in pretesa” e ci chiedono altresì uno sforzo di fantasia, con nuove forme di solidarietà e generosità: “la solidarietà verso la vita può aprirsi anche a forme nuove e creative di generosità, come una famiglia che adotta una famiglia. Possono nascere percorsi di prossimità nei quali una mamma che aspetta un bambino può trovare una famiglia, o un gruppo di famiglie, che si fanno carico di lei e del nascituro, evitando così il rischio dell’aborto al quale, anche suo malgrado, è orientata.“.

Un esempio concreto, nato in Piemonte, è l’iniziativa Zainetto per la vita, che consente ad un donatore anonimo di sostenere una gravidanza a rischio di aborto per cause economiche, con un contributo mensile di 200 € per 12 mesi (per informazioni zainettoperlavita@gmail.com oppure 331.3824160).

Evocare i drammi dell’aborto e di tutti gli altri attentati alla vita umana innocente non vuole essere uno sterile esercizio di catastrofismo. Vuole invece incoraggiare a prendere finalmente in mano la nostra vita e la nostra società, senza restare a guardare, ma diventando artefici di un mondo nuovo, un mondo dove Misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno (Sal 85,11).

Papa San Giovanni Paolo II, nell’Evangelium Vitae (di cui proprio quest’anno ricorre il ventennale), non esita a dire che la svolta culturale auspicata esige da tutti il coraggio di assumere un nuovo stile di vita, che esprima nelle proprie scelte concrete il primato dell’essere sull’avere, della persona sulle cose. “Nella mobilitazione per una nuova cultura della vita nessuno si deve sentire escluso: tutti hanno un ruolo importante da svolgere.” (E.V. 98.)

In poche parole: non possiamo può permetterci di indossare le vesti dello spettatore.

Se qualcuno dovesse spaventarsi, avendo la sensazione di impersonare Davide contro Golia, si senta rassicurato: siamo veramente un minuscolo Davide contro un gigante Golia, ma dobbiamo confidare nella forza di Dio, con la certezza che Golia cadrà nuovamente a terra sconfitto.

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