Sottovalutare i rischi dell’aborto volontario è una vera tragedia.
Non sono considerazioni false, fuorvianti e distorte, o fatte solo per “spaventare le donne”, come qualcuno dice ! Purtroppo…sono vere, studiate scientificamente e anche dimostrate.
Sto parlando della “sindrome post-aborto”, cioè quei sintomi psicologici e fisici che moltissime donne soffrono dopo aver abortito volontariamente. Anche le giovanissime donne.
“ Dopo dimenticherai ” dicono quelli che inducono, spingono o consigliano l’aborto.
Sono parole all’apparenza benevole e consolatorie, ma che si riveleranno ben presto non vere.
Altre parole comuni, dette da chi propone alla donna di abortire, sono: << Dopo starai meglio >>.
Un’ulteriore tragica bugia, che confonde la donna, già spaventata e sola, nella decisione che sta per prendere. Si pensa infatti che la donna sia “convinta” del gesto abortivo, ma si tratta solo di “determinazione” a risolvere il problema che le provoca angoscia a causa della inaspettata gravidanza. Si confonde la determinazione con la convinzione, e così ci si blocca per timore di condizionarla o per le sue dure parole. Il “dopo aborto” ci aiuta a capire bene questa sottile differenza.
La « sindrome post-aborto » è stata studiata soprattutto in Canada, negli U.S.A., in Svezia e in Finlandia. Le numerose ricerche basate su dati clinici mettono in luce come, dopo un aborto volontario, la donna incontri nella sua vita numerose difficoltà. (“Aborto volontario, le conseguenze psichiche”, a cura di S.Gindro, S.Mancuso, G.Astrei, R.Bracalenti, E.Mordini, CIC Edizioni Internazionali 1996; “Post Abortion Sindrome its wide ramifications”, ed. Peter Doherty, 1995; “Dopo starai meglio”, G. Soliani, Università Ambrosiana Ed., Milano 2000). Appena fatto l’aborto si instaura una “specie di sollievo” per essersi quasi liberate di “un problema”; questo succede a molte donne, ma per moltissime, dopo questa “specie di sollievo”, inizia un cammino a tappe realmente doloroso.
La prima tappa è il dolore per aver commesso un atto violento, poi la rabbia per chi l’ha convinta, la sfiducia per l’uomo, la disistima per se stessa quando si accorge che non può più tornare indietro. Gli studi e le ricerche sono numerosi, accurati e concordi, ma bastano questi pochi cenni per fare capire qualcosa. Spesso tutto sembra ben nascosto e superato, ma non è affatto così.
Anzi !
L’esperienza comune sa che basta poco per far riemergere l’antica ferita dell’aborto volontario, ed ora gli studi lo dicono chiaramente. Anche chi è favorevole all’aborto lo ammette.
Una donna che ha abortito volontariamente ha il 28 % in più di suicidarsi rispetto ad una donna che non ha abortito. Il dato è preoccupante e sconfortante.
Una adolescente che abortisce ha il 5 % di probabilità di diventare tossicodipendente. I “piccoli” numeri non traggano in inganno perché…stiamo parlando di donne e di adolescenti donne, e non di semplici calcoli statistici.
Si tratta di un dolore sommerso e volutamente “rimosso” dalla coscienza civile, che, legalizzando l’aborto e rendendolo un diritto, non se ne fa assolutamente carico.
La donna è lasciata sola, e si pensa che con una pacca sulla spalla e con la frase “ dopo ti passerà”, tutto si risolva.
Altri studi dimostrano che l’aborto per aspirazione può causare danni permanenti alla parete uterina e cicatrici retraenti, che possono impedire altre gravidanze. Danno su danno.
Ritengo sia giusto dire alla donna che vuole abortire che, con questo gesto, sopprime la vita del suo bambino e che dopo potrebbe incorrere in serie conseguenze per la sua vita. La legge 194 non fa alcun cenno al riguardo, con il timore aggiunto che la donna receda dalla sua intenzione abortiva. Anche per questo la legge 194 non è “a favore” della donna.
Chissà quante sono, anche nella nostra città, le donne che portano dentro questo doloroso segreto! Non possiamo lasciarle sole
Gabriele Soliani