Prosegue il dibattito sull’aborto

Di Padre John Flynn

CITTA’ DEL VATICANO, domenica, 25 febbraio 2007 (ZENIT.org).- Il Primo Ministro portoghese José Sócrates ha annunciato di voler presentare un disegno di legge in Parlamento per la legalizzazione dell’aborto entro la 10° settimana di gravidanza, secondo l’Associated Press del 12 febbraio. L’annuncio è stato fatto il giorno dopo lo svolgimento del referendum sulla stessa materia, che è stato dichiarato invalido per il mancato raggiungimento del quorum.

Solo il 44% degli elettori hanno partecipato al voto. Di questi, quasi il 60% ha votato in favore di una modifica in senso permissivo della normativa portoghese sull’aborto. Attualmente, una donna può ricorrere legalmente all’aborto in Portogallo fino alla 12° settimana e solo in caso di stupro, malformazione del feto o rischi per la sua salute. La proposta di legge renderebbe possibile abortire liberamente entro la 10° settimana di gravidanza.

Nel corso della campagna referendaria, la Chiesa cattolica si è battuta contro la proposta legislativa. In un’intervista pubblicata dall’agenzia Ecclesia news poco prima del voto, il vescovo ausiliario António José Cavaco Carrilho di Porto, presidente della Commissione episcopale per i laici e la famiglia, ha spiegato la posizione della Chiesa.

La Chiesa sostiene il principio del rispetto del diritto alla vita dal concepimento alla morte naturale, ha sottolineato monsignor Carrilho. Il ché non significa che la Chiesa non sia consapevole dei problemi umani e sociali che sono alla base della questione dell’aborto. Ma – ha proseguito – la Chiesa non ritiene che l’aborto possa essere una soluzione a tali problemi. Piuttosto che puntare all’aborto, la società dovrebbe impegnarsi nell’educazione alla paternità responsabile, nell’aiuto alle madri e alle famiglie in difficoltà e nel trovare famiglie che possano accogliere i bambini indesiderati.

Le conseguenze

Mentre prosegue il dibattito sull’aborto in Portogallo, continuano ad aumentare gli elementi che dimostrano l’entità del trauma che le donne subiscono in seguito ad un aborto volontario. Il Philadelphia Inquirer del 14 gennaio ha riferito della storia di Jeniece Learned, direttrice del consultorio Pregnancy Services of Western Pennsylvania.

Learned è intervenuta al recente incontro che si è svolto a Valley Forge, organizzato dalla Pennsylvania Pro-Life Federation, parlando delle sue difficoltà vissute nell’infanzia e nell’adolescenza. Ha raccontato di come aveva avuto un aborto quando era adolescente e di come ha dovuto lottare contro la depressione e il costante senso di colpa negli anni successivi.

Il Los Angelus Times ha sottolineato lo stesso tema in un articolo del 9 ottobre, sul dibattito relativo all’aborto nello Stato del South Dakota. L’articolo ha riportato il punto di vista di Leslee Unruh, militante pro vita, che lei stessa definisce un “approccio femminista”. Unruh, che ha avuto un aborto molti anni fa sostiene che la legalizzazione dell’aborto costituisce uno sfruttamento della donna.

L’articolo del Los Angeles Times ha anche riferito di uno spot radiofonico contrario all’aborto, trasmesso nel South Dakota, in cui Kayla Brandt, che ha avuto un aborto qualche anno fa, sostiene che la società deve risparmiare alle donne “il dolore di immaginare una vita come avrebbe potuto essere”.

L’agenzia Lifenews ha riferito, l’11 agosto scorso, di uno studio recente che dimostra che gli adolescenti sono in grado di gestire meglio una gravidanza indesiderata che un aborto procurato.

Secondo questo studio, svolto dalla dottoressa Priscilla Coleman, psicologa ricercatrice presso la Bowling Green State University, le ragazze adolescenti che hanno abortito risultano avere una propensione a ricorrere ad un aiuto psicologico ed emotivo, cinque volte superiore rispetto a quelle che hanno deciso di tenersi il bambino.

Questa ricerca ha anche rivelato che le ragazze adolescenti che hanno abortito risultano avere maggiori problemi con il sonno e a fare maggior uso di marijuana. Lo studio ha tenuto conto di una serie di variabili tratti dall’anamnesi sulla salute mentale e dalla situazione familiare, al fine di isolare gli effetti derivanti dall’aborto.

Coleman ha ammesso che avere un figlio in età adolescenziale può essere difficile, ma ha aggiunto che “le problematiche derivanti dall’aborto sembrano essere ancora più pesanti”.

Sesso svalutato

In un articolo del dottor Thomas Stuffaford, pubblicato sul quotidiano Times di Londra del 28 novembre, sono state sollevate analoghe preoccupazioni relative all’aborto. Stuffaford ha detto che nel passato si è concentrato soprattutto sugli effetti fisici dell’aborto, che possono rendere più difficile per la donna avere figli in futuro. Ma ora egli ha constatato che l’aborto ha anche un impatto psicologico sulle donne.

Poco tempo dopo, il 22 dicembre, il quotidiano britannico Telegraph ha pubblicato alcuni dati del Dipartimento per la salute del Regno Unito, ottenuti grazie alla legge sulla libertà di informazione.

Secondo questi dati, più di 100 adolescenti al mese si sottopongono al secondo aborto. Più di 18.000 ragazze minori di 18 anni hanno abortito nel 2005. Per 1.316 di loro, si è trattato del secondo aborto, mentre per 90 ragazze del terzo.

Secondo il Telegraph, uno studio svolto dai medici della London School of Hygiene and Tropical Medicine ha dimostrato che il numero delle donne minori di 18 anni che pongono fine a gravidanze indesiderate è aumentato di più del 7% rispetto al 1999, anno in cui l’attuale Governo laburista ha avviato la sua politica sulle gravidanze adolescenziali.

Come rileva l’articolo, chi critica questa politica del Governo sottolinea che i dati statistici sull’aborto sono autoesplicativi. Secondo gli oppositori della politica per le gravidanze adolescenziali, la misura diretta a rendere disponibile la pillola del giorno dopo – una parte importante di questa politica – di fatto incoraggia gli adolescenti ad esporsi ulteriormente all’attività sessuale.

Norman Wells del Family Education Trust ha affermato che la lobby favorevole all’educazione sessuale ha “svalutato la sessualità e fatto perdere di vista il suo significato come espressione della totale donazione tra marito e moglie nel contesto della fedeltà matrimoniale”.

Recidiva

Avere più di un aborto è un fenomeno comune anche negli Stati Uniti, come riporta la Reuters il 21 novembre. Secondo uno studio dell’istituto abortista Alan Guttmacher Institute, circa la metà di tutte le donne degli Stati Uniti che hanno avuto un aborto nel 2002 avevano già avuto almeno un altro aborto in precedenza.

Problemi analoghi esistono in Spagna. Il 10 ottobre, il quotidiano ABC ha pubblicato un articolo che riporta le ultime statistiche ufficiali, secondo le quali più di 33.000 donne tra i 15 e i 24 anni hanno avuto un aborto nel 2004.

Nel 1995, il tasso di aborto per le donne minori di 20 anni era di 4,51 per ogni mille. Nel 2004 questo tasso si è più che raddoppiato, salendo a 10,35 per mille. Per quanto riguarda le donne tra i 20 e i 24 anni, il tasso nello stesso periodo è passato da 8,18 per mille a 15,37.

Nel complesso in numero degli aborti in Spagna continua ad aumentare. Nel 2005, gli aborti sono aumentati dell’8% rispetto all’anno precedente, raggiungendo un totale di 91.664, secondo il quotidiano ABC del 30 dicembre. Il rapporto afferma che nel 2005, quasi una gravidanza su sei è finita con un aborto.

Di fronte a questo elevano numero di aborti, si intensificano gli sforzi della Chiesa per aiutare le donne. Il 24 dicembre, il quotidiano Scotland on Sunday ha riferito che più di 2.000 bambini erano stati sottratti all’aborto grazie ad un progetto avviato dal cardinale Thomas Winning (1925-2001) diretto ad aiutare le donne che decidono di tenere il proprio figlio.

Questa iniziativa pro vita compirà il suo X anniversario il prossimo mese di marzo. Secondo i suoi dati relativi all’intero periodo, 2.102 donne hanno deciso di non interrompere la gravidanza, in cambio di aiuti materiali come passeggini, indumenti, giocattoli e culle.

Negli Stati Uniti, il Los Angeles Times ha riferito l’11 febbraio scorso che le cliniche cristiane stanno avendo successo nell’ottenere fondi dai governi statali. Almeno otto Stati, secondo l’articolo, finanziano centri per ragazze madri, che offrono abitazioni per donne non sposate e altri servizi per aiutarle a non abortire.

Il finanziamento complessivo, stimato quest’anno in 13 milioni di dollari (9,9 milioni di euro), è poca cosa rispetto alla quantità di soldi destinata ai servizi abortivi di pianificazione familiare, ma è comunque in crescita. L’opinione pubblica si sta rendendo conto sempre di più che l’aborto non è la soluzione per le donne, una lezione che i leader portoghesi sembrano ignorare.
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