Generare futuro
Generare futuro. E’ il titolo che la CEI ha voluto dare al messaggio per la 36a Giornata Nazionale per la vita.
Un titolo molto semplice, ma efficace per richiamare l’attenzione sulla necessità di rispettare ogni essere umano che si affaccia alla vita.
La grave crisi economica sembra pregiudicare il futuro della società. In realtà il nostro futuro è messo maggiormente a rischio da una crisi morale e antropologica, che prima ancora, in questi 36 anni dall’entrata in vigore della legge sull’aborto, ha già negato il futuro a più di 5 milioni di esseri umani (dati del Ministero della salute).
Mai più di oggi è evidente come la sorte della nostra società sia legata a filo doppio al futuro dei suoi giovanissimi figli non ancora nati. Negare loro la vita significa negare non solo il loro futuro ma anche quello dell’intera società. Possiamo facilmente ritrovare questo concetto nel messaggio dei Vescovi: «Il figlio si protende verso il domani fin dal grembo materno, accompagnato dalla scelta provvida e consapevole di un uomo e di una donna che si fanno collaboratori del Creatore. La nascita spalanca l’orizzonte verso passi ulteriori che disegneranno il suo futuro, quello dei suoi genitori e della società che lo circonda, nella quale egli è chiamato ad offrire un contributo originale.»
Come Cristiani non possiamo restare tiepidi o indifferenti di fronte al male, ancor più se mascherato da progresso. Quando si accetta passivamente che il più forte possa sopprimere il più debole, pian piano questa realtà finisce per estendersi a macchia d’olio in tutte le direzioni.
Solo per fare un esempio, anche se in Italia l’eutanasia non è ancora legale, in paesi come l’Olanda, dove è già legalizzata da anni, abbiamo assistito all’estensione della norma ai bambini e a breve anche in Belgio si potrà praticare legalmente l’eutanasia sui bambini, senza limiti di età.
Il vero progresso della nostra società potrà aver luogo solo con una vera e propria alleanza per la vita.
Infatti « il ricorso all’aborto priva ogni anno il nostro Paese anche dell’apporto prezioso di tanti nuovi uomini e donne. Se lamentiamo l’emorragia di energie positive che vive il nostro Paese con l’emigrazione forzata di persone, dobbiamo ancor più deplorare il mancato contributo di coloro ai quali è stato impedito di nascere. »
Anche Papa Francesco ha recentemente parlato del problema dell’aborto. Lo scorso 13 gennaio, nel tradizionale discorso annuale al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, il Papa è tornato ad affrontare il tema a lui caro della cosiddetta “cultura dello scarto”: «Purtroppo, oggetto di scarto non sono solo il cibo o i beni superflui, ma spesso gli stessi esseri umani, che vengono “scartati” come fossero “cose non necessarie”. Ad esempio, desta orrore il solo pensiero che vi siano bambini che non potranno mai vedere la luce, vittime dell’aborto».
Dobbiamo riconoscere che al giorno d’oggi non è facile proteggere la vita umana dal concepimento, difendere la famiglia fondata sul matrimonio di un uomo e una donna, combattere l’eutanasia, preservare il diritto all’educazione dei figli.
L’ultimo rapporto del Center for the Study of Global Christianity stima che nel 2014, ogni 5 minuti e 20 secondi un cristiano verrà ucciso a causa della sua fede.
Ebbene, forse a noi canavesani non è ancora chiesto un tale sacrificio, ma di sicuro essere testimoni credibili del Vangelo, ci potrà costare impopolarità, pregiudizi e svantaggi in ambito professionale, quando non vera e propria ostilità.
Ci consoli la speranza che il Regno dei cieli sia anche destinato a noi, se continueremo ad avere fame e sete di giustizia.