“La forza della vita ci sorprende”
Riflettere sul significato della vita umana, in occasione della 46° Giornata per la vita, del 4 febbraio 2024, potrebbe indurre al pessimismo, considerati gli innumerevoli episodi avvenuti nel corso dell’ultimo anno.
La mente corre al ricordo di Indi Gregory, bimba inglese di 8 mesi; ultima di una lunga serie di santi innocenti, dopo Charlie Gard, Alfie Evans, Isaiah Hastruup, Pippa Knight, Alta Fixsler, Archie Battersbee e chissà quanti altri, anche Indi è stata condannata a morte, “nel suo miglior interesse”, da una medicina e da una giustizia senza pietà, accecate dal delirio di onnipotenza.
Pensiamo anche alle migliaia di bambini, per noi senza volto e senza nome, vittime incolpevoli di una sciagurata contesa geopolitica, che sta facendo della Palestina e del Medio Oriente un cimitero a cielo aperto (non che i bambini dell’area russo-ucraina siano meno degni di nota).
Dovremmo anche ricordare le giovani vite spezzate nel corso delle moderne tratte degli schiavi, dove un sistema perverso alimenta e incoraggia poderosi flussi migratori clandestini, che mettono a repentaglio la vita di migliaia di persone in fuga dai loro paesi d’origine o semplicemente in cerca di condizioni di vita migliori.
L’elenco non è certo esaustivo, ma in tutti questi casi quegli esseri umani possono richiamare la nostra coscienza, facendo leva sulla loro immagine, sul loro corpo. Invece coloro che perdono la vita nel grembo materno, non possono nemmeno mostrare la propria umanità al mondo intero.
In questo quadro a tinte fosche, non dobbiamo però trascurare quei timidi segnali che ravvivano la speranza. Tra questi vogliamo inserire il recente ritrovamento ancora in vita di Lorenzo, il neonato abbandonato in una busta di plastica a Villanova Canavese. E’ un segno che la morte può essere sconfitta.
Nel piano politico, in America l’aborto è un tema di estrema rilevanza, su cui si dibatte persino nelle elezioni presidenziali. Lo scorso giugno la Corte Suprema degli Stati Uniti ha ribaltato la storica sentenza Roe contro Wade, che stabiliva il diritto all’aborto negli Stati Uniti dal 1973; come diretta conseguenza, in molti stati americani si è ristretto sensibilmente il ricorso all’aborto.
In Italia l’argomento sembra essere un tabù impronunciabile per la maggioranza delle forze politiche, più o meno in tutti gli schieramenti. Recentemente, però, qualcosa ha iniziato a muoversi anche da noi. La proposta di legge d’iniziativa popolare “Un cuore che batte” ha centrato il primo obiettivo, con la raccolta di oltre 106.000 firme. Una legge di tal genere rappresenterebbe un primo passo verso la reale conoscenza di quell’essere umano che rischia di essere soppresso.
Altre proposte di legge sul “diritto alla vita, reddito di maternità e sostegno ai sofferenti” si stanno affacciano in questi giorni nel panorama politico, senza dimenticare altre battaglie ancora da combattere, come la proposta di legge “Gestazione per altri reato universale”, finalizzata ad estendere l’attuale reato di maternità surrogata, anche se commesso all’estero.
Timidi segnali? Quanto basta per dire che la verità, prima o tardi che sia, è destinata a venire a galla. E la verità è che nessuna vita umana, prima o dopo la nascita, può essere lecitamente discriminata, violentata o eliminata.